Piero V.

Anonimato in rete

Non è una notizia nuova e l’avevo già letta qualche giorno fa, però volevo prendermi il tempo di commentarla per bene.

Per Randi Zuckerberg ed Eric Schmidt l’anonimato in rete è un pericolo.

La prima è la sorella di Mark Zuckerberg, che occupa il posto di direttrice del marketing nell’azienda del fratello, il secondo è il CEO di Google, perciò persone che occupano ruoli importanti in due grosse aziende di internet, aziende che collezionano dati e dati sugli utenti.

La loro opinione è della difesa degli utenti da crimini vari.

La mia opinione è invece opposta: è una cosa fantastica quella che su internet non serve sapere chi sei.

Penso che il poter dire le propria opinione anonimamente sia uno dei fattori del successo di internet: penso che tante persone come me, tra dover pubblicare per forza con i propri dati, e quindi far diventare tracciabili tutte le proprie attività nella rete, oppure limitare il proprio uso di internet, sceglierebbero la seconda.

Per me l’assenza di anonimato (almeno apparente) sarebbe come essere costretto ad andare in giro nudo.

Quella dei crimini è una baggianata vera e propria: sopra ho specificato apparente perché in realtà non siamo nella condizione di dover palesare la nostra identità però in realtà qualunque azione si commetta viene registrata nei file di log. In caso di crimini la polizia si può far consegnare questi file in poco tempo e potrebbe risalire fino a una cerchia di persone che avrebbero potuto commettere il reato, visto che gli ISP hanno i log delle persone alle quali hanno assegnato determinati indirizzi IP.

Vorrei poter discutere di più nell’argomento ma ora devo proprio andare.